“40 E STO”: LO SPETTACOLO DI ANDREA DELOGU AL TEATRO MODERNO DI LATINA

di Giovanni Berardi

G Berardi A DeloguPer dirla come Francesco Guccini lo spettacolo di Andrea Delogu “40 e sto”, andato in scena al teatro Moderno di Latina, sono delle stanze di vita quotidiana attraverso i decenni degli anni ottanta, novanta, duemila.  Uno spettacolo brioso, o come lo definisce la stessa Andrea Delogu  “frizzantino”, noi aggiungiamo anche uno spettacolo ricco, intelligente, davvero uno spettacolo radicale  e necessario per le corde artistiche di Andrea Delogu.  E noi dobbiamo dire grazie al direttore artistico Gianluca Cassandra che è riuscito a portare a Latina questo gioiello. E davvero Andrea Delogu non fa rimpiangere Raffaella Carrà, Mina, Alda Merini, Dacia Maraini, Enrica Bonaccorti, Stefania Sandrelli, perché questo spettacolo, scritto dalla stessa Delogu con Rossella Rizzi e Andrea Caviglia calca tutte  queste discipline artistiche, il ballo, il canto, la poesia, la letteratura intimista, la conduzione radiofonica, la recitazione cinematografica, un proscenio che testimonia una verità storica, perché in tutte queste discipline il percorso artistico di Andrea Delogu in questi anni si è nutrito. Basta ricordare i suoi tre libri pubblicati, “La collina”, “Dove osano le parole. Storia semiseria di una dislessica”, “Contrappasso”, i programmi televisivi condotti, “Stracult”, “Il processo del Lunedì”, “Indietro tutta 30 e l’ode”, “Guarda … Stupisci”, “La vita in diretta Estate”, “Tonica”,  i dischi incisi, tra cui il tormentone “Niente sesso” ed “Estupido”, le conduzioni radiofoniche dove spicca il grande successo de  “La versione delle due”, il    cinema con i film  “Ti stimo fratello”, “La settima onda”, “Divorzio a Las Vegas”, “Nel bagno delle donne”,      la docuserie “Sanpa. Luci e tenebre di San Patrignano”. E gli echi di tutte queste esperienze professionali sono raccontate in questo recital fino a tracciare un parallelo anche con le esperienze più umane e più quotidiane come ad esempio il primo incontro con l’amica del cuore Ema Stokholma, presente tra l’altro in sala a Latina: “l’incontro con Ema è avvenuto attraverso un viaggio di lavoro in treno, dove io per rompere il ghiaccio con gli altri compagni di viaggio rivelo che locandina di 40 e stomi accingo a scrivere un libro sulle discoteche. Ema rimbrotta, in qualche caso conosce la mia condizione di bambina nata e vissuta in comunità, a San Patrignano, dove i miei genitori si sono incontrati perché ospiti della struttura. Ema mi incalza proprio e     non ne avrebbe motivo perché ancora in quei giorni ci conoscevamo appena:  “perché non  scrivi invece della tua esperienza in comunità, visto che l’hai vissuta in maniera naturale nascendo in quel contesto?”. Io di primo impatto l’ho quasi odiata, ho pensato “ma come si permette questa, non gli rivolgerò mai più la parola”. Ma è stata questa considerazione di Ema la chiave per scrivere poi “La collina”, l’agognato primo libro”. E la scrittura così diventa subito espressione, diario, documento delle esperienze di vita di Andrea Delogu tanto che anche il suo secondo lavoro editoriale è parte integrante della sua esistenza: “Dove finiscono le parole. Storia semiseria di una dislessica”  infatti descrive appieno quella che è stata la scoperta di essere dislessica.  L’attacco principale del suo recital Andrea Delogu lo chiarisce sul palcoscenico sin dal primo istante: il compimento dei suoi quarant’anni e la difficoltà di formulare un desiderio attinente. Quando si apre il sipario ecco Andrea Delogu interrogarsi:  “no, non mi viene. Non è che ora posso improvvisare una cosa  tipo … una friggitrice  ad aria … No, non lo posso fare.  Poi dicono che un desiderio espresso a quaranta anni si avvera.  E sono gli unici che si avverino.  Ma io proprio non riesco a formularne alcuno. Dai ti devi impegnare di più”.  E cosi parlottando Andrea Delogu si avvicina al limite estremo del palcoscenico dove, ad un passo, insiste il Giovanni Berardi Andrea__ Delogupubblico della prima fila. E lei, ora, accorgendosi di loro, e di tutto il pubblico in sala, strilla: “buon pomeriggio a tutti”.  E parte così la sua formidabile performance “40 e sto”: “no, va bene, mi avete preso in un momento un po’ particolare, a me questo desiderio da esprimere per i quaranta anni proprio non mi viene. E non è che non ho niente da desiderare ma è così importante che ho quasi paura     di formularne qualcuno. Mi sento un po’ persa … Ma già che ci siamo e che siete qui, che avete pagato il biglietto e non potete uscire perché non mi aiutate voi?   Allora vi faccio una domanda ma rispondete con sincerità: chi di voi ha già compiuto quaranta anni alzi la mano.  E non fingete di avere più anni di quelli che avete. Dai alzate quelle mani che non vi ho visto. Ecco: come ti chiami?  Pina?  Pina dimmi cosa hai desiderato per i tuoi quaranta anni. Pina non è che non ti ricordi perché ne hai 45? Come?  Di viaggiare?   Ed hai viaggiato?  Si?  Vedi,  allora è successo. E tu?  Però ora voglio un uomo. Come ti chiami? Angelo?  Giovanissimo mi sembri.  Ma cosa hai desiderato a quaranta anni, se ci sei arrivato?  Come?  Di averne venti? …  Come spirito ce l’hai fatta però … E così Andrea Delogu continua la sua formidabile performance, ora allontanandosi dal pubblico certo, ma per cominciare ad interrogare in scena i suoi decenni e le sue stanze di vita quotidiana.

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