I SET PONTINI DI MICHELE PLACIDO

Giovanni Berardi

 DSCN0476Michele Placido è stato a Latina, il 25 ed il 26 marzo scorso, per un seminario sulla recitazione organizzato dalla Latina Film Commission presieduta da  Rino Piccolo. E’ stata naturalmente una occasione importante questa presenza sul nostro territorio, in qualche maniera ha gettato le basi anche per progetti futuri di estrema importanza, ad esempio quella di aprire una scuola delle arti, una realtà che potrebbe partire anche a stretto giro di posta, addirittura nel prossimo settembre. E l’area per tale progetto Placido lo aveva adocchiato già da qualche tempo: l’ex stabilimento della Rossi Sud.  Placido è assolutamente un veterano del nostro territorio, sin dalle sue prime venute in terra pontina, ed era ancora un giovane attore,  non ha mai nascosto il fascino che questa terra gli aveva procurato, un fascino assolutamente da riproporre, proprio attraverso le sue opere future. E Placido ha certamente mantenuto la promessa.  Michele Placido era stato a Latina già l’anno scorso, a presentare quello che era stato il film girato completamente a Latina nel dicembre 2015, “7 minuti”. E Michele Placido era a Latina anche nella settimana del 10 marzo 2012, ospite delle strutture teatrali pubbliche del  Gabriele D’Annunzio per allestire le prove del suo nuovo spettacolo teatrale  “Così è  (se vi pare)”  tratto dall’amato Luigi Pirandello. Ma il suo era stato, anche in quei tempi, un ritorno a Latina, come attore è stato davvero uno dei primi, di fama nazionale, a calcare proprio il teatro Cafaro, che però in quel lontano 1989 era ancora chiamato Ridotto, e qui Placido ha portato sempre l’amato Pirandello,  “L’uomo dal fiore in bocca”  e  “La carriola”,  in un momento proprio, e nella sua gioventù professionale fatta, sino ad allora, di tantissimo cinema. Nel 2012, nella prima settimana di luglio era ancora a Sabaudia, in una nuovissima parte di attore, per le riprese del film di Massimiliano Bruno “Viva l’Italia”. Poi è capitato che era a Latina anche nei giorni in cui un Alessandro Gassman
primaverile girava, proprio a ridosso del teatro D’un viaggioAnnunzio, il suo primo film da regista,  “Razza selvaggia”.  In quei giorni aleggiava nell’aria, poi è diventata anche una certezza assoluta, che Alessandro abbia chiesto a Michele una amichevole partecipazione al film, e che Michele l’abbia approvata con gioia,  una “improvvisata” ed una  “rimpatriata”  tra colleghi  “incrociati per caso in città”  hanno sistematicamente spiegato in conferenza stampa. Ma Placido era a Latina anche nella primavera del 2004 per girare il film di Michele Soavi  “Arrivederci amore ciao” e nell’autunno dello stesso anno ancora a Latina per girare il suo  “Romanzo criminale”. Michele Placido resta uno dei pochi attori italiani che è proprio cresciuto con il cinema italiano, superandone proprio indenne tutte le periodicMichele Placido sul set di Borgo Sabotinohe e gravi crisi. Lo ricordiamo assolutamente ragazzo in “Romanzo popolare” con Ugo Tognazzi e Ornella Muti e lo ritroviamo con le tempie imbiancate in  “L’odore del sangue” di Mario Martone.  Ed in mezzo c’è anche un regista che è diventato infine deciso, maturo, attento:  “Pummarò”,  “Le amiche del cuore”,  “Un eroe borghese”,  “Del perduto amore”, come dire, una produzione tra le più impegnate e tra le migliori dei desolanti anni novanta del cinema italiano, poi proseguita con più rigore, nel decennio successivo: “Un viaggio chiamato amore”,  “Ovunque sei”,  “Romanzo criminale”,  “Il grande sogno”,  “Vallanzasca – I fiori del male”, “Il cecchino”  ed appunto  “7 minuti”.  Ha detto Michele Placido: “l’impegno ed il rigore per me sono inevitabili. Quando rispondi alle chiamate di autori rigorosi come lo sono stati  Monicelli, Rosi, Comencini, come lo sono i fratelli Taviani, Montaldo, Bellocchio, Amelio, Moretti, Tornatore, non puoi semplicemente restare un interprete, sei immedesimato, vivi quel mondo, quei tempi, quelle narrative, partecipi proprio al rigore dello stile, all’entusiasmo”.  Come si fa, pensiamo noi, a non firmare, con il succedere della carriera, un memorabile percorso d’arte, quando puoi condividere ed incontrare filmografie eccelse come quelle degli autori che Placido ha ricordato. Una promessa che certamente Placido ha mantenuto sino in fondo, sia nella sua esperienza di attore, sia, soprattutto in quella di regista. Un film di Placido autore che ci è particolarmente caro, che amiamo davvero con le lacrime agli occhi,è decisamente  “Un viaggio chiamato amore”, storia dell’amore furibondo tra il poeta Diego Campana e la scrittrice Sibilla Aleramo.  E non solo perché buona parte della pellicola è stata risolta nei luoghi pontini di Torre Astura e di Borgo Sabotino, territori in fondo cari, proprio nella realtà, anche a Sibilla Aleramo che iniziò la sua professione di maestra proprio in questi luoghi. Ed in questi luoghi, ancora, che Sibilla Aleramo si rivelò come un pioniere della rivoluzione culturale femminile, in questi luoghi ancora gli saprà dare un riscontro ed una voce, ed infine anche la capacità di essere presente nella vita come nell’arte.  Michele Placido incontrato all’epoca della lavorazione del film a Borgo Sabotino così spiegava la sua scelta di ambientare alcune sequenze del suo film tra il castello di Torre Astura  (il triste rifugio di Corradino di Svevia prima di essere tradito, quindi catturato ed infine ghigliottinato)  e Borgo Sabotino, luogo naturale splendido, che sa di storia, sede di un procoio meraviglioso, ma ormai decisamente avvilito a ridosso di una spettrale centrale nucleare:  “ricostruiamo qui la marina di Pisa, il luogo dove il poeta Campana viveva, non solo per motivi di comodità logistiche della produzione, quelle ci sono sempre ormai, ma i luoghi descritti da Campana nel suo libro,  “I canti orfici”,  cui si ispira il film,  un po’ immaginari e certamente suggeriti dalle lettere, sempre poetiche, che quasi quotidianamente la Aleramo scriveva al suo amato, riecheggiano proprio la nuda fisicità di questi luoghi pontini. Poi perché per questo film cerco davvero l’incontaminato, luoghi che davvero possono farci risalire ai primi anni del novecento, gli anni della prima guerra mondiale. Qui l’aspetto naturale è rimasto davvero quello, basta guardare come ruotano i calessi, e come possono integrarsi senza costringerci a mistificare…”.  “Un viaggio chiamato amore” nella filmografia del regista lo riteniamo assolutamente eccelso, estremo anche nella sua grande forza eversiva. Noi pensiamo che Sibilla Aleramo, cosi come anche Dino Campana, non potevano non colpire una intelligenza come quella di Placido.  Nel suo cinema, anche d’attore qualche volta, ma soprattutto da regista netta è sempre stata la posizione progressista, anche l’incedere deciso alla lotta del popolo più umile, finanche degli aspetti della terra, delle radici, pensiamo in questo senso a film come  “Pummarò”,  “Del perduto amore”, anche ad  “Un eroe borghese” e ad  “Un viaggio chiamato amore”.

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