IL NUOVO LIBRO DELLA SCRITTRICE E SCENEGGIATRICE LIDIA RAVERA: “AVANTI, PARLA”

Giovanni Berardi

con Lidia RaveraLidia Ravera ha dato alle stampe il suo romanzo, Avanti, parla, edito da Bompiani. Arriva dopo l’esperienza de  L’amore che duraLa somma dei due, i suoi due romanzi precedenti.  Ex assessore alla cultura per la regione Lazio, in questo ruolo ha sostenuto con decisione la nascita a Fondi dell’agognato Museo del Neorealismo, così fortemente auspicato dalla gloriosa associazione Giuseppe De Santis. Dice Lidia Ravera:“il linguaggio della politica comunque non è mai riuscito ad essere il mio linguaggio. In quegli anni di incarico non riuscivo più a collocare l’equilibrio e le ragioni concrete per scrivere”. Il libro feticcio di Lidia Ravera, forse suo malgrado, e nonostante trentatre libri scritti, continua ad essere certamente il libro del suo esordio, Porci con le ali, edito nel 1976 dalla Savelli editore. Ed era il libro che per mesi, nel periodo, portavamo insaccato tra le tasche dell’eskimo. Ma Lidia Ravera mette subito le mani in avanti e dice, rispetto a Porci con le ali: “oggi sono un’altra persona”. Al cospetto, ora, di Lidia Ravera, l’immediato ricordo corre ad una immagine, corre alla primavera del 1975, e raggiunge una via: via Valenziani n°5, Roma, sede di Muzak, la nostra rivista del tempo, la rivista nata proprio per usare al meglio  “la musica, la cultura e le altre cose”, e dove Lidia Ravera era l’illuminato vicedirettore.  Lei, più di ogni altro redattore, era capace di stilare, articolo dopo articolo, già allora, nelle sue recensioni culturali, gli obiettivi sulla nostra idea di democrazia, anche sulle nostre resistite lotte giovanili al sistema.

E il suo nuovo romanzo, “Avanti, parla”, appena uscito da Bompiani, proprio a quei lidi ci conduce, al ritorno di quel passato, e pur nLa copertina di Avanti, parlaon rientrando nel carattere più deciso della autobiografia è comunque una narrazione che certamente può riguardare molto da vicino Lidia Ravera, ma anche molti di noi. Ed i romanzi in cui ci si può riflettere vanno certamente amati, spingono davvero a delle forti riflessioni sul nostro vissuto. Con “Avanti, parla” avverti davvero i tempi di quando in piazza gridavi “se vedi un punto nero all’orizzonte spara a vista:è un celerino o un fascista”.  Riandare tra le pagine di Lidia Ravera significa fare mille passi indietro, significa rivedere di nuovo quei ragazzi in corteo, rivederli in lotta per rivendicare e per spostare i margini stretti dei diritti di allora. Dice Lidia Ravera: “io sono la persona più non violenta al mondo, ma in comune con la protagonista del libro ho l’aver vissuto in un epoca in cui sembrava possibile un altro modello di società. Ho militato nel movimento di Lotta Continua come in quello studentesco, perciò, quando mi guardo indietro, come nel caso di  “Avanti, parla”, provo un piccolo senso di colpa e di nostalgia”.  Continua Lidia Ravera: “il senso di colpa poi è dato da qualche brutto slogan,che oggi da donna anziana condanno assolutamente, ma in quei tempi, con la leggerezza dei venti anni voglio dire, urlavi proprio a squarciagola,anche con tutta l’enfasi possibile. L’augurio insomma, della prognosi riservata che facevamo ai fascisti, davvero non si doveva gridare”.

 Il cinema ha visto protagonista Lidia Ravera nella sua qualità di sceneggiatrice, con il regista Giuseppe Bertolucci ha condiviso con decisa poesia il suo cinema migliore,  Oggetti smarriti, Amori in corso, Il dolce rumore della vita,  ed anche la sua televisione migliore,  Una vita in gioco 2.  Ricorda Lidia Ravera: “il caso ha voluto che Giuseppe era in quei tardi anni settanta, l’intimo amico del mio compagno, il regista Mimmo Rafele, con il quale avevo già sceneggiato Ammazzare il tempo, che poi Rafele ha diretto, Ci siamo conosciuti proprio così con Giuseppe, in una maniera anche del tutto ovvia come vedi. Poi le nostre professioni, ma parlerei di sensibilità, mie e di Mimmo, in qualche maniera hanno coinciso subito ed attraverso il bel cinema di Giuseppe le abbiamo anche condivise. E’ stato un bel gran periodo”.

Ed  Oggetti smarriti , la seconda sceneggiatura scritta per il cinema da Lidia Ravera è in realtà come se fosse quella di esordio. Dice Lidia Ravera: “in realtà si, perché dietro quel copione non c’era il supporto di un mio libro,  come invece c’era con Ammazzare il tempo, il film precedente di Mimmo Rafele. Giuseppe in quel tempo aveva un vero trasporto per la stazione ferroviaria di Milano, una visione da poeta, per cui ha voluto davvero dedicargli un film.  Giuseppe si era seduto al tavolo della sceneggiatura avendo in mente solo l’immagine della stazione centrale di Milano … e il viso di una donna, Mariangela Melato, che poi è rimasta la protagonista del film …

Piace ricordare ora, per restare nel clima descritto da Lidia Ravera in  Avanti, parla, un aneddoto personale,  il comizio di Pietro Ingrao a Latina, il 12 giugno del 1975, proprio la vigilia del grande trionfo elettorale del 15 giugno, con Pietro Ingrao, salito sul palco a chiudere il comizio per il Partito Comunista Italiano, quando tra gli applausi di una piazza del popolo, gremita nonostante Latina, chiese un attimo di silenzio e il ripetersi di una filastrocca che a quel tempo, come diceva anche Lidia Ravera, avevamo voglia di gridare proprio a squarciagola: “un augurio pasquale per il pranzo, compagni, c’è la carne che sale ed i prezzi son quelli, ma mangerem meno carne, ma speriamo più Agnelli …”

 

Scrivi un commento

L'indirizzo email non sarà pubblicato.

*