“PANE E CIOCCOLATA. BRUSATI, MANFREDI E L’ODISSEA DELLA MIGRAZIONE”, IL NUOVO LIBRO DI GERRY GUIDA E FABIO MELELLI

di Giovanni Berardi

DSCN0476“Pane e cioccolata” certamente è, a parer nostro, uno dei più importanti film interpretati da  Nino Manfredi. Lo è diventato quando la commedia si è sposata alla tragedia, al disagio  della esistenza. E certamente è anche una pellicola tra le più belle della intera storia del  cinema italiano. “Pane e cioccolata”, diretto da Franco Brusati ed interpretato da  Nino  Manfredi, ha avuto un percorso di lavorazione piuttosto difficile già in sede di scrittura del film.  Più volte, parlando di  “Pane e cioccolata”,  Nino Manfredi aveva evidenziato questo lato. Bene, ora tutto questo, ma c’è anche molto altro, è diventato anche un bel libro di testimonianze e di analisi ideato e curato da Gerry Guida e Fabio Melelli, due tra gli storici più autorevoli e più oculati del cinema italiano.  Ed il libro, “Pane e cioccolata. Brusati e Manfredi e l’odissea della migrazione”, edizione ArtDigiland, cade proprio a confermare un traguardo, un evento, già aperto da Guida e Melelli con il precedente “Cafè Express. Viaggio in treno al termine della notte”: i cento anni dalla nascita dell’attore, avvenuta in terra ciociara, a Castro Dei Volsci il 22 marzo del 1921. “Pane e cioccolata”  dicevamo è un film importante, e grazie al’archivio Brusati, messo a disposizione dagli eredi del regista, Gerry Guida e Fabio Melelli  hanno potuto stringere nel dettaglio anche la difficoltà della lavorazione. Nino Manfredi, è risaputo, era tra i colonnelli della commedia all’italiana l’attore più La copertina di Pane e cioccolatarigoroso e più ligio sulla messa in scena. E il libro coglie in pieno tale rigore professionale dell’attore, soprattutto attraverso le testimonianze dei tanti intervistati, tutti prontissimi ad investire le loro qualità critiche nei confronti dell’attore, giudicando insomma e comunque la performance di Manfredi una prova d’attore di assoluta qualità, degnaGerry Guida in fondo del miglior  Charlie Chaplin, come poi ha sottolineato anche, in una lunga intervista, lo scrittore Mario Soldati, accostando questa “sintesi della interpretazione chapliniana”, che Soldati aveva colto in “Pane e cioccolata”, anche ad un precedente film dell’attore,  “L’avventura di un soldato”, episodio del film  “L’amore difficile”, pellicola con la quale l’attore Nino Manfredi debuttava nella regia cinematografica. Il libro di Guida e Melelli coglie qua e là quello che è stato un po’ il percorso della pellicola, dai primi contatti produttivi alla stesura delcopione, fino alla fase finale, quelli che sono stati i momenti, giorno dopo giorno, sempre più difficili, delle riprese vere e proprie. Il film nasceva da una idea del regista Franco Brusati, la storia di Nino Garofalo che,  lasciata la famiglia al paesello,  spera di trovare in Svizzera quel benessere che la patria li ha sinora negato. Ed in questa situazione, il regista Brusati, pur essendo ricco ed anche nobile in realtà si rispecchiava, lui si sentiva come il personaggio del film, si avvertiva davvero fuori posto nel mondo, proprio come un emigrante in un paese che non è il suo. Quindi il filmFabio Melelli nasceva dapprima da questa sintesi filosofica, anche metaforica, esistenzialista di Brusati.  Dopo, con l’intervenuto di Manfredi, il soggetto è stato portato su derive più realistiche. Le beghe relative alla realizzazione del film, anche il disagio del regista, Manfredi le aveva sempre avvertite e riconosciute, e, pur dispiacendosene, le aveva sempre rese pubbliche, e forse il successo grande del film si deve proprio a questa sterzata voluta dall’attore. In fondo per Franco Brusati, alla fine si è trattato del primo film, dopo averne girati diversi, che ha convinto davvero il pubblico.  Per lui insomma  “Pane e cioccolata”  è stato  l’unico film fortunato al botteghino.  Per noi poi due momenti, che nel bel libro di Guida e Melelli a gran voce rivivono, sono rimasti davvero memorabili, degni della più grande poesia e della più grande tragedia, finanche del più onesto umorismo: il balletto degli operai travestiti che finisce tra i singhiozzi di un giovane migrante e la scena, davvero allucinata, della famiglia italiana ridotta a vivere, “nella civile Svizzera”, come polli.

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