LA TRILOGIA DE “L’ACCORDO” DI PAOLO SCARDANELLI GIUNGE AL SUO TERZO CAPITOLO: “L’OMBRA”

di Giovanni Berardi

DSCN0476la copertina de L'accordo.I vivi__ e i morti di Paolo ScardanelliCon “L’Ombra” Paolo Scardanelli giunge al terzo capitolo della sua trilogia “L’Accordo”. Il primo titolo,  “L’Accordo. Era l’estate del 1979”, è quello che è considerato il prologo ai successivi due capitoli quali  “L’Accordo. I vivi e i morti” ed appunto a  “L’Accordo. L’Ombra” appena uscito per i tipi della Carbonio  Editore.  Per assorbire al meglio la lettura dei tre volumi di Paolo Scardanelli, che poi sono quanto di più affascinante insiste oggi nel contesto della letteratura di genere, bisogna “interferire” al meglio con i suoi personaggi che, seppure non moltissimi, sono invece “simbolicamente” crudi, complicati e pieni di vissuto. Un vissuto che è fatto di riferimenti corposi ed articolati, che si rifanno addirittura alla poetica di Goethe e di Nietzsche, ma anche di Dante e Shakespeare ed ai suoni delle musiche di Bach, Jill Scott, Jeff Buckley. Nei tre capitoli de “L’Accordo” Paolo Scardanelli abbraccia i temi della morte, quello dell’amicizia e quello della condivisione di un destino atroce, tre temi che ci accompagnano come in un viaggio che attraversa l’immenso continente del romanzo ottocentesco. Siamo, in verità, trascinati dalla lettura dei tre capitoli anche nel mondo dell’avventura, spinti però alla ricognizione instancabile del reale e condotti finanche nei labirinti della psiche. Pensiamo di essere, con Paolo Scardanelli, nei sentieri di Fedòr Dostoevskij, nei pressi di quel “Delitto e Castigo” soprattutto, ma anche nei “Demoni”, in realtà invece  siamo in pieno nell’Italia dei fine anni settanta e dei primi anni ottanta, gli anni a sancire il tramonto delle illusioni politiche e l’inizio del disimpegno. Orazio Labbate, critico letterario del Corriere della Sera non ha avuto remora alcuna nel definire la trilogia di Scardanelli “una eversiva opera esistenziale” e non ha avuto remore neppure nell’apparentare l’opera di Scardanelli al capolavoro di August Strindberg “Inferno”. Paolo Scardanelli  non si stanca mai di cercare nei suoi romanzi il nesso tra la vita e la morte, la valvola insomma che lega le due estreme realtà. A volte questo nesso, questo legame sembra, nei libri di Paolo Scardanelli, anche forte ed intenso, quasi una luce che abbaglia e che distrugge le vecchie e logore forme filosofiche per crearne in realtà delle nuove. Come nell’immediato precedente di Paolo Scardanelli  “In principio era il dolore. Un Faust di meno” anche nella trilogia de “L’Accordo”  i riferimenti artistici diventano sostanza, la musica in primo luogo è la composizione di un balzello non indifferente e non retorico ai fini della grammatica dell’intreccio. L’ambiente poi, Milano, è avvertito ancora come un personaggio aggiunto al romanzo, dove il lettore è facilitato quasi alla la copertina de L'Accordo__ L'ombraimmersione, questo per potere  toccare e sentire, pagina dopo pagina, l’odore ed il gusto, il sangue e la carne del luogo definito all’azione coordinata. Ci ha colpito molto quel voler  restare, anche in maniera ostinata, legato alla realtà della provincia.  Milano, capitale morale in fondo di questa nostra Italia, proscenio del romanzo, è vista ancora una volta e discussa da Scardanelli come una qualsiasi città di provincia italiana. E qui scatta qualcosa, quello che in realtà può facilitare il confronto con la nostra realtà, cioè con la nostra provincia, Latina, una città che è per forti versi  “provinciale”. Oggi poi, che nella realtà decisamente tecnologica il concetto di provincialismo tende  sostanzialmente a sciamare, questo romanzo in realtà ce lo rimanda: provincialismo è, e rimane, tutto ciò che è giudizio superficiale, affrettato. Nel suo lungo romanzo, rilasciato però in tre titoli, la sfida di Scardanelli è soprattutto la ricerca del senso oltre il dolore. Ed è un  tema certo non facile ma assoluto in Paolo Scardanelli, ispirato, e ciò rende la difficoltà del tema, che è grossa, esile come un respiro.

Sempre Orazio Labbate poi, critico del Corriere della Sera, nell’ultima pagina di copertina a sottolineare: “L’Accordo”, cioè i tre volumi, non sono sottomessi da una trama piana, tutt’al più da un cerebrale contorno, e la lingua del romanzo dunque si impone come una protagonista. Si snerva incessante, attorcigliandosi attorno a virtuosismi filosofici sull’esistenza, attraverso le azioni dei personaggi, fino a travolgere il racconto delle vite dei due protagonisti”. Noi invece possiamo concludere che i romanzi di Paolo Scardanelli hanno una trama davvero atipica, una trama che ti rapisce ed al contempo sembra che ti allontani dalle pagine che eppure hai amato. E questo è nient’altro che il suo fascino “difficile”, in definitiva è anche quello che ti suggerisce al volo i “deliri” filosofici del suo autore.

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