“LE REGOLE DELL’ACQUA. IL NUOTO E LA VITA”. L’ESORDIO, NEL ROMANZO, DI RAOUL BOVA: “COMINCIAMO A RICORDARE FINALMENTE LE COSE BELLE”

di Giovanni Berardi

Torre Astura, set de I cavalieri__ che fecero l'impresaRaoul Bova con il suo libro ha colto una occasione: quella di raccontarsi non attraverso i lustrini dello spettacolo, che oggi rappresentano gli apici maggiori della professione di attore, ma bensì attraverso un aspetto della propria vita che riguarda decisamente il passato immediato, quello che è stata la passione della sua gioventù: il nuoto. Questo naturalmente rende Raoul Bova uno scrittore onesto e speciale.  Il suo libro si intitola “Le regole dell’acqua. Il nuoto e la vita”, Rizzoli editore, ed è un titolo che spiega moltecose. Raoul Bova lo abbiamo incontrato spesso nei nostri lidi, a Sabaudia come ad Anzio e a Nettuno, al Circeo come a Lavinio. A Borgo Sabotino poi, dove per mesi ha calpestato letteralmente la tenuta nei dintorni di Torre Astura quando, sotto la regia di Pupi Avati, era sul set del film “I cavalieri che fecero l’impresa”.  Il giorno in cui poi Raoul Bova si era potuto raccontare meglio al nostro cospetto, proprio tra un panino ed un altro, ma soprattutto tra un fiume esagerato di lattine di Coca Cola, era perché una imbarcazione del set, un galeone dell’epoca, teatro della scena da girare, si era capovolta nel mare dell’Astura e le riprese subirono una lunga pausa durata l’intero pomeriggio. Il giorno dopo tutta la troupe si sarebbe affacciata dal belvedere di Sermoneta dove allestirono un ulteriore set che faceva capo all’attore pontino Donato Palmisano.  All’ombra del castello di Torre Astura Raoul Bova, certamente accompagnato quasi per La copertina de Le regole__ dell'acquamano dalla immagine del monte Circeo stagliato all’orizzonte aveva poi ricordato, divertendosi anche un mondo, quello che era stato il suo esordio nel cinema quando, chiamato da Roberto D’Agostino per un ruolo nel suo film  “Mutande pazze”, che guarda caso lo vedeva a Sabaudia per girare la scena della seduzione, al mare e da un chiosco sulle dune, una seduzione gestita, dal personaggio certo, un po’ immaturamente, quasi con toni da imbranato, di Eva Grimaldi, al ritmo anche del brano “Io, tu e le rose” di Orietta Berti. “I cavalieri che fecero l’impresa” raccontava un po’ quello che era stato il tempo della ricerca dell’Arca di Noè, quell’Arca che si sostiene, ancora oggi, custodita in gran segreto presso i tesori della nostra Abbazia di Valvisciolo. Il set era stato tenuto aperto per giorni nella spiaggia di Torre Astura e i tanti bagnanti che in quei giorni vivevano il territorio per la vacanza, spesso si lasciavano andare anche a solenni proteste, vedendo quel litorale così invaso dai mezzi mobili della troupe, che invadevano proprio ogni angolo del bosco e della spiaggia, proteste che rientravano però, proprio come una magia, all’apparire di Raoul Bova. Il ricordo di quei giorni corre anche ad una rocambola tra due donne che non riuscivano ad ottenere foto e autografo dal bel Raul, e che per un discorso di precedenze, dettate anche dal poco tempo a disposizione dell’attore, in quei frangenti, per dedicarsi ai fan, erano arrivate addirittura alle mani. Grazie poi a Raoul Bova nella provincia pontina si è potuto ambientare un film difficile, di cui Bova è molto orgoglioso, un film che l’ha visto anche produttore, oltre che attore, un film risolto quasi tutto sull’isola di Ponza, con qualche puntata anche a Terracina, “Io e l’altro”, film che ha segnato il debutto alla regia di un autore tunisino, Moshen Melliti, un giornalista esperto di diritti umani nei paesi arabi.  Il Raoul Bova che invece esce oggi dal suo libro è un Raoul Bova certamente cresciuto, che ha superato una serie di difficoltà e di momenti tristissimi, tanto da fargli ammettere che il libro da scrivere gli è capitato forse nel periodo più adatto.  Bova dice che la prima idea di scrivere un libro ha una data, risale a circa venticinque anni fa.  L’ispirazione più concreta invece ha addirittura una matrice di dolore: la perdita dei genitori, avvenuta a distanza di pochi mesi uno dall’altra tra il 2019 e il 2020.Dice Raul Bova: “scrivere è stato quello che si dice una valvola di scarico, una rimessa a punto perché a un certo punto mi sono detto: cominciamo a ricordare finalmente le cose belle”.

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