RECENSIONE DEL SAGGIO “TALENTO E POTERE – STORIA DELLE RELAZIONI TRA GALILEO E LA CHIESA CATTOLICA” DI ANTONIO BELTRÁN MARÍ

Francesco Giulano

Mi è capitatOLYMPUS DIGITAL CAMERAo recentemente di leggere l’interessante ed esaustivo saggio del professore Antonio Beltrán Marí “Talento e potere – Storia delle relazioni tra Galileo e la Chiesa cattolica” (ISBN 978-88-558-0055-6, Tropea) su Galileo Galilei il quale, dopo il successo a livello europeo ottenuto grazie alla pubblicazione del “Sidereus Nuncius” (1610), si vede indagato dal Sant’Uffizio a partire dal 1616 e poi processato, dopo circa diciassette anni, nel 1633. Un fatto storico emblematico che pone l’accento sul rapporto tra Scienza e Conoscenza e che dovrebbe insegnare che gli inquisitori sono figli dell’ignoranza o di un’educazione dogmatica partigiana che blocca ogni discorso dialettico a priori.“Comandare, ubbidire, credere”, infatti, è il motto di molti esseri umani, da una parte educati all’obbedienza senza “se” e senza “ma” e, dall’altra, portati alla sopraffazione di chi deve obbedire senza “se” e senza “ma”. Appartenere, ad esempio, ad un partito (da “partitus”, participio passato del verbo latino “partìri”, dividere) significa appartenere ad una parte della società (da ciò ne deriva la divisione) in cui ha valenza una certa ideologia suffragata da principi e valori condivisibili e accessibili parimenti a tutti i suoi componenti. Ciò significa che costoro parlano tutti “la stessa lingua” ed hanno lo stesso orientamento Galileo_cop[1]socio-politico, e anche teo-ideologico-culturale. In filosofia, la dialettica insegna che alla “tesi”, che afferma una determinata opinione si deve contrapporre sempre un punto di vista contrario, cioè “l’antitesi”, la quale però abbia lo stesso livello o ambito razionale e culturale della “tesi”, affinché dalla contrapposizione tesi-sintesi si abbia una sintesi condivisa che conduca alla verità. Cito questo per capire, come si desume dal saggio, ciò che provò Galileo Galilei negli interminabili anni antecedenti il processo, che lo vide imputato come eretico per avere abbracciato l’eliocentrismo copernicano, fondato su basi razionali e su prove scientifiche, e che negava, ovviamente, il geocentrismo il quale, invece, era basato su principi dogmatici e dettami religiosi. Alla convinzione galileiana scientificamente provata si contrappose l’opinione dogmatica intransigente, quella del cardinale Bellarmino, del papa Paolo V (alias Camillo Borghese) e di altri personaggi nemici dichiarati di Galileo, opinione suffragata dalle sacre Scritture, secondo cui la Terra era ritenuta immobile e il Sole e le stelle ruotavano attorno ad essa. In tal caso, la “tesi” galileiana non aveva come “antitesi” quella del cardinale in quanto “tesi” e “antitesi” non appartenevano allo stesso ambito culturale. Cioè, la prima aveva basi razionali e scientificamente provate mentre la seconda aveva fondamenta dogmatiche e irrazionali. È inquietante scoprire che le idee supportate da prove scientifiche, quando risultano scomode al potere costituito, sia esso politico o accademico, o, come in questo caso, religioso, vengano negate a priori in quanto l’argomentazione scientifica appartiene ad un ambito diverso da quello religioso. Non può esserci sintesi in questo caso, e quindi neppure dialettica, perché le parti contrapposte parlano “lingue diverse” ed una di queste, quella della religione, non vuole assolutamente intendere l’altra parte perché pensa, in buona o mala fede, che non si può contraddire la “parola di Dio”. È per questo che il potere costituito per mantenere inalterato il proprio status quo, dcannocchiale-galileoeforma, trasforma o impone i fatti così come gli conviene, pro domo sua. Come dire che, per fare un esempio, in ambito giudiziario la “verità processuale” sia una “verità” di comodo che non corrisponde alla “verità vera”. Manipolare la verità consapevolmente e imporla dopo averla forgiata facendo credere che sia bianco ciò che è nero, o viceversa, richiede opera di alta ingegneria mentale e di becero assolutismo indiscusso. A ciò si aggiunga che l’imputato o l’inquisito può essere colto emotivamente anche dalla paura, (ricordiamo che, il 17 febbraio 1600, il frate domenicano Giordano Bruno era stato arso vivo a Campo dei Fiori a Roma) sentimento irrazionale che blocca ogni possibilità di difesa e che lo porta inconsciamente ad accettare tutto ciò che gli viene imposto, sorvolando sulle contraddizioni evidenti, sulle petizioni di principio, sulla falsità, così, come nel caso di Galileo che accettò, obtorto collo, di abiurare. Si immagini solo per un attimo, da una parte, cosa abbia potuto provocare nella mente degli inquisitori lo sconvolgimento causato da una nuova visione del mondo che mandava in frantumi la concezione tradizionale e che faceva perdere, quindi, la posizione privilegiata dell’uomo, ritenuto unico e solo figlio di Dio, nell’Universo! D’altra parte, può uno scienziat220px-Galileo_arp_300pixo essere contrastato nelle sue argomentazioni da chi scienziato non è e non capisce alcunché di fatti scientifici? Può la Scienza, basata sulla dialettica, essere negata dal dogmatismo e dall’ignoranza eletta autonomamente a sapienza? “Infinito è il numero degli stolti”, citando una frase biblica, perché la stupidità e l’arroganza umane non hanno confini. La nostra Era gode di uno sviluppo scientifico, e quindi tecnologico, che non ha paragoni nella Storia dell’uomo. In essa, nel contempo, circola una rete di informazioni diffuse e incontrollate, a volte errate, tramite Internet che attrae ma, nel medesimo tempo, spesso confonde il lettore.

L’informazione sostituisce la Conoscenza e ciò fa sì che coloro che leggono e non sono in grado di porsi criticamente di fronte a determinate informazioni scientifiche, perché non hanno gli strumenti per capire, si lasciano condizionare soprattutto da ciò che risulta più conforme alle proprie fisime e più congeniale con le proprie aspettative o, anche, si lasciano trasportare dalla paura dell’ignoto. Succede, allora, che l’emotività e la presunzione di sapere prevalgano così sulla razionalità e sui dati di fatto.

E, allora, capita che la storia galileiana si ripete perché costoro prendono il posto del cardinale Bellarmino & C. e diventano inquisitori mentre lo scienziato è l’inquisito.

Nucleare sì, nucleare no! OGM (Organismo Geneticamente Modificato) sì, OGM no! Chi può scegliere tra due opzioni antitetiche se il suo livello di conoscenza non è adeguato a comprendere gli effetti sull’uomo e sull’ambiente, e quindi a fare una scelta consapevolmente giusta? Eppure, c’è chi difende strenuamente l’una o l’altra alternativa senza avere cognizione consapevole e compiuta a riguardo! L’emotività, in questo caso, prevale su tutto! Ovviamente, non bisogna nascondere che c’è anche chi ha interesse, materiale, economico, politico, o ideologico, per l’una o per l’altra opzione a dire cose che suscitano paura nella gente, per far sì che la scelta sia orientata a proprio vantaggio. Per questo, oggi più che mai, è necessario dare impulso e fondamentale importanza alla Conoscenza tramite uno studio serio e approfondito, la lettura di riviste scientifiche accreditate e un aggiornamento continuo affinché ciascuno chiamato a scegliere faccia una scelta autonoma e con convinzione di causa.310px-Galileo_facing_the_Roman_Inquisition

Per questi motivi, ritengo opportuno parlare di questo saggio, in cui Beltrán Marí illustra e valuta, tramite la vasta e dettagliata documentazione storica, le varie fasi della vicenda che coinvolse moralmente ed emotivamente, a partire dal 1616, Galileo Galilei, che convocato dal Sant’Uffizio, quando ancora regnava Paolo V, ricevette l’intimazione di abbandonare la teoria eliocentrica copernicana perché ritenuta “stolta e assurda in filosofia, e formalmente eretica”. Ma anche dopo, quando si sedette sul soglio pontificio Urbano VIII (Maffeo Barberini), ritenuto “amico”, Galilei comprese, dopo aver pubblicato il “Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo” (1632), che il fanatismo religioso era una roccaforte inespugnabile. Conseguentemente, il 22 giugno1633 Galileo venne processato presso il convento domenicano, adiacente alla basilica di s. Maria sopra Minerva a Roma, sede del Sant’Uffizio. Ivi, il grande scienziato, padre indiscusso del metodo scientifico, sottoposto ad interrogatorio, per evitare un’indegna tortura, fu costretto ad abiurare e condannato “ …. Diciamo, pronunziamo sentenziamo e dichiaramo che tu, Galileo sudetto, per le cose dedotte in processo e da te confessate come sopra, ti sei reso a questo S.o Off.o veementemente sospetto d’eresia, cioè d’aver tenuto e creduto dottrina falsa e contraria alle Sacre e divine Scritture, ch’il sole sia centro della terra e che non si muova da oriente ad occidente, e che la terra si muova e non sia centro del mondo, e che si possa tener e difendere per probabile un’opinione dopo esser stata dichiarata e diffinita per contraria alla Sacra Scrittura;  … Ti condaniamo al carcere formale in questo S.o Off.o ad arbitrio nostro; e per penitenze salutari t’imponiamo che per tre anni a venire dichi una volta la settimana li sette Salmi penitenziali: riservando a noi facoltà di moderare, mutare o levar in tutto o parte, le sodette pene e penitenze.”

Quel che si desume dal saggio, frutto di venticinque anni di ricerca, è la seguente “nuova, coraggiosa tesi: il pontefice Urbano VIII ottenne la confessione di Galileo mediante la trappola di un patto extragiudiziale segreto, pianificando in anticipo un inganno per ottenere i propri scopi”.

Antonio Beltrán Marí, professore del Dipartimento di Logica, storia e filosofia della scienza presso l’Università di Barcellona, è fra i più autorevoli studiosi di Galileo Galilei.

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