GIORGIO COLANGELI: UN ATTORE CARO AL TERRITORIO PONTINO

di Giovanni Berardi

Colangeli e BerardiLa definizione che si dà alla voce “caratterista” calza a pennello per la identità professionale di Giorgio Colangeli e noi in questo contesto vogliamo proprio ripeterla: “caratterista è quell’attore che riveste un carattere umano, che incarna un personaggio vivo e non una “macchietta”, quell’attore che abitualmente non ricopre parti di protagonista, ma che è dotato di una eccezionale forza interpretativa, con o senza sottolineature tipiche”. Perfetto. Oggi Giorgio Colangeli è, per il cinema e per il teatro italiano, un carattere prezioso e attivissimo. Noi, in verità, lo abbiamo scoperto attraverso due lavori televisivi, in una, “Ma il cielo è sempre più blu”, era l’agente discografico di Rino Gaetano, nell’altro, “Questa terra è la mia terra”, il bonario fattore di un podere, in una lotta continua ed ideale contro i soprusi della mentalità e della cultura fascista, nella Littoria-Latina appena bonificata dalla palude. Dopo, proprio a Latina lo abbiamo salutato in scena nella performance teatrale “Il più bel secolo della mia vita”, un grande successo condiviso sul palco del teatro Tirreno con Francesco Montanari e con l’attrice Maria Gorini, ed abbiamo riscontrato ancora l’ennesima buona prestazione nella fiction interpretata per RaiUno, “Tutto può succedere”, una ulteriore conferma di come le cose, anche in televisione, possono risultare buone se ad interpretarle vengono chiamati attori di razza. Giorgio Colangeli è anche l’attore che ha portato sul palcoscenico “Canale Mussolini” di Antonio Pennacchi, premio Strega per la letteratura nel 2010, in quella che è stata una trasposizione teatrale voluta e curata dall’attore pontino Clemente Pernarella. Nei giorni in cui Giorgio Colangeli è rimasto a Latina, per le prove dello spettacolo, che ha visto il suo debutto nazionale presso i  giardini comunali del capoluogo pontino nell’estate del 2013, è capitato più volte che, seduti al bar Poeta di piazza del popolo a sorseggiare insieme un buon caffè, abbiamo avuto l’occasione di incontrarlo e di soffermarsi a parlare, scoprendo infine che attraverso il percorso artistico di Giorgio Colangeli è stato possibile ripercorrere quaranta anni di teatro e di cinema realizzato nel nostro paese.

Canale MussoliniA Giorgio Colangeli attore basta alzare un sopracciglio, dare solo un colpo di palpebre ed ecco esprimere quasi una battuta. Giorgio Colangeli oggi vanta una filmografia ed una teatrografia che si ingrossa di anno in anno, si plasma di film in film, saremmo quasi portati a dire che non vi è quasi più un titolo, nella nostra più recente produzione cinematografica, che non annoveri nel suo cast l’apporto di Giorgio Colangeli. E’ proprio un maestro nella sua recitazione sobria, una recitazione che è sempre piena di gustose annotazioni ed anche, se il personaggio glielo concede, di grottesche intuizioni. La sua è una interpretazione sempre duttile, sicura, scivolata, e la sua carriera sta passando proprio entro le stagioni del cinema italiano. Dal 1995 cioè, dal nome finalmente in cartellone vogliamo dire, “Pasolini: un delitto italiano” di Marco Tullio Giordana  le sue caratterizzazioni sono passate attraverso titoli di grande spessore e di assoluto coraggio, in una realtà  sociale ed economica, come quella attuale, che non vuole concedere troppo spazio al pensiero, alla rivolta poetica, alla critica più spietata, alla rilettura storica del passato e del presente: “L’amico di famiglia”  per la regia di  Paolo Sorrentino, “L’aria salata”, per la regia di Alessandro Angelini,  si prosegue ancora con “Signorinaeffedi Wilma Labate, “il Divo”, ancora di Paolo Sorrentino, “Galantuomini” di Edoardo Winspeare, “Venti sigarettedi Aureliano Amadei, infine “Romanzo di una strage” ancora per la regia di Marco Tullio Giordana. In mezzo a questi superbi titoli poi troviamo altri titoli, di natura più soave certamente, ma ugualmente esemplari, concreti di una realtà: “La cena” e “Concorrenza sleale” entrambi per la regia di Ettore Scola, “Colpo d’occhio” di Sergio Rubini, “La banda dei babbi natali” di Aldo, Giovanni, Giacomo e Massimo Venier, “La donna della mia vita” di Luca Lucini, “Buongiorno papà” di Edoardo Leo.  Poi rimane sempre di più come esempio concreto per i giovani registi, molti di loro ascoltandoli nei nostri incontri ce lo hanno anche rivelato, cioè spesso hanno trovato in Giorgio Colangeli davvero l’attore ideale, l’attore che si affianca al regista e non giudica, quello che ascolta e poi consiglia, insomma l’attore concreto, di statura, l’attore che collabora. E nascono in questo contesto altri titoli esemplari per la filmografia di Colangeli: “Ultimo stadio”, ad esempio, di Ivano Di Matteo, ma anche “Ronzio delle mosche” di Dario D’Ambrosi, ”L’orizzonte degli eventi” di Daniele Vicari, “Il giorno + bello”  di  Massimo Cappelli, “Si può fare” di Giulio Manfredonia,  “La doppia ora” di  Andrea Molaioli. Insomma è proprio il passare del tempo che sta consacrando sempre di più oggi Giorgio Colangeli tra i più grandi caratteristi della storia del cinema italiano, proprio di tutti i tempi. Giorgio ColangeliLe produzioni che ne richiedono il contributo sono sempre tra le più brillanti, finanche le storie poi, che lo vedono interprete, mai riescono ad avvilirne o a supervalutarne l’immagine. Proprio tutte queste certezze, certamente da lui bene orchestrate negli anni, ne stanno scolpendo nell’immaginario collettivo la grandezza suprema dell’attore. Oggi Giorgio Colangeli è sugli schermi nazionali nell’ultimo ed intenso film che vede Paola Cortellesi oltre che attrice anche regista, “C’è ancora domani”. Il film della Cortellesi è ambientata alla fine della seconda guerra mondiale ed è una storia di soprusi familiari maschili. Un film che appassiona, fa discutere, fremere, piangere, riflettere. E anche ribollire di rabbia.

“C’è ancora domani” di Paola Cortellesi è un film che, in platea, ci ha coinvolto e riguardato, proprio come avveniva un tempo quando, con i film di Germi, Scola, Risi, Monicelli, Comencini, in sala si parteggiava, un film sulla condizione della donna e sulla società italiana dove Giorgio Colangeli, con pochi sapienti tratti rende, come sempre al massimo, la figura dell’odioso suocero Ottorino.

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