I CARATTERI ESSENZIALI DELL’INTELLIGENZA STANNO ALLA BASE DI UNA CULTURA NON COMPARTIMENTATA

di Francesco Giuliano

Il libro “Gödel, Escher, Bach: Un’Eterna Ghirlanda Brillante” (1979) del filosofo D. R. Hofstadter, è un interessante e originale saggio dove si intrecciano le opere di Kurt Gödel, matematico e logico austriaco, di Maurits Cornelis Escher, incisore e grafico olandese e di Johann Sebastian Bach, musicista tedesco, dalla cui lettura emerge la ricerca di un filo comune, di un meccanismo neurologico latente, che unisca le opere dell’uomo appartenenti a settori della vita che formalmente sono giudicati diversi tra di essi, come la logica, la grafica, e la musica, cioè come le idee e i concetti, la manualità e il sentimento espresso dalla musica. Questa concezione dimostra che la Cultura non può essere compartimentata, e sostiene che il nostro cervello funziona allo stesso modo sia quando si risolve un problema matematico o si scrive un romanzo o si dipinge un’opera d’arte. Non è il pensiero che guida la mano esperta?

In questo si evidenzia l’errore dell’idealismo gentiliano secondo il quale si è concepita una scuola in cui le materie sono divise in umanistiche e scientifiche, e per il quale soltanto l’insegnamento umanistico ha la facoltà di sviluppare le capacità cognitive fondamentali dell’individuo. Non è un errore gravissimo questa concezione nei confronti dei cittadini che sono uguali di fronte alla legge?

A parte questa premessa, Hofstadter nel suo saggio vuole evidenziare il fatto che, in ogni campo, l’intelligenza esplicitata nell’opera che ogni artista o scienziato costruisce, si basa su delle determinate caratteristiche essenziali che vengono di seguito elencate. Da esse ogni lettore, autonomamente, potrebbe trarre il grado della personale intelligenza: mostrarsi flessibile rispetto alle varie situazioni che si presentano, trarre benefici e miglioramenti da situazioni che si verificano casualmente, sapere interpretare il significato connesso a messaggi ambigui e contraddittori come quelli di molti politici, riconoscere l’importanza relativa dei diversi elementi di una data situazione, individuare somiglianze tra diverse situazioni differenti tra di esse, cogliere distinzioni tra situazioni diverse nonostante le somiglianze che le uniscono, ricavare nuove idee da concetti preesistenti obsoleti e collegandole in modi nuovi, e, infine, essere creativi, cioè produrre idee nuove.

Si pensi quanto ne ricaverebbe lo Stato Italiano se diversi politici, ma anche molti dirigenti, avessero queste caratteristiche o una parte di esse? E quanto sarebbe più civile la cittadinanza se fosse educata a possedere e ad esplicitare nella propria vita queste caratteristiche, alcune delle quali sono innate, mentre altre si potrebbero formare con il processo dialettico di apprendimento/insegnamento a scuola? Alcune di queste caratteristiche sicuramente potrebbero scaturire da una buona formazione scolastica, in cui la didattica non dovrebbe trasferire solo le idee degli altri ma, a fortiori, dovrebbe far costruire agli studenti autonomamente le idee e i concetti. Come sempre, al lettore le sue debite conclusioni.

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